la tavola lucana

Autoritratto Lucano di Leonardo
Dimensioni: 60 x 44 cm;
Tecnica: Tempera grassa su tavola di pioppo;
Autore: Leonardo da Vinci (attribuito a)
Iscrizioni: sul retro al rovescio “PINXIT MEA”

Pervenuta alle raccolte private di un nobile salernitano, mediante diretta consegna ereditaria e rinvenuta da Nicola Barbatelli nel dicembre 2008, è segnalata nelle precedenti collezioni novecentesche come autoritratto di Galileo Galilei; conviene chiarire che l’opera arriva a Salerno dalla vicina Lucania (attuale Basilicata), dov’è appunto registrata sino alla metà del XX secolo, pertanto il riferimento da parte di alcuni quotidiani di un recupero fortuito ad Acerenza, è da considerarsi solo il frutto di un assurdo equivoco.
Riconosciuta per la prima volta pertinente all’arte dei seguaci leonardeschi da Alessandro Vezzosi, fu presentata al pubblico nei primi mesi del 2009, in occasione della conferenza di inaugurazione della mostra I ritratti di Leonardo al palazzo del Campidoglio a Roma.
Le ragioni di un'iniziale proposta di attribuzione alla mano del genio toscano, furono prudentemente descritte da Orest Kormashov e Kadi Polly, nell’ambito del convegno A Key to Leonardo, dove insieme agli importanti dati scientifici sulla datazione radiocarbonica e sui pigmenti, si raccolsero alcune inedite testimonianze tratte dai confronti tra le varie descrizioni dei caratteri somatici del Vinci; una convincente e più condivisa linea attributiva si raggiunse attraverso l’intervento di David Bershad e Peter Hohenstatt al convegno internazionale di Chieti, dove per la prima volta l’antropologo Luigi Capasso e il Comandante del nucleo dattiloscopisti dell’Arma dei Carabinieri, Gianfranco De Fulvio, rivelarono il recupero di una impronta digitale ritracciata sul film pittorico della tavola, compatibile con la medesima impronta rinvenuta dalle ombreggiature dei grani di ebano raffigurati nella Dama con l’ermellino, il capolavoro autografo di Leonardo a Cracovia. Tuttavia l’intervento, dall’indiscusso valore scientifico, non avrebbe comunque consentito di riferire definitivamente il nostro dipinto al maestro di Vinci, ma il preciso intervento dello studioso canadese nel dibattito, chiarì in maniera illuminante che l’opera non poteva che ritracciarsi tra i lavori sperimentali del genio di Leonardo.
Dopo aver sommariamente raggiunto l’equilibrio critico, fu proposta al catalogo autografo di Leonardo in occasione della mostra Leonardo e il Rinascimento fantastico (Sorrento, 2010) da Peter Hohenstatt con la presentazione di Alessandro Tomei e Maria Cristina Paoluzzi: la mostra, considerata un vero e proprio successo per la tavoletta, si concentrò sull’imponente analisi critica formulata dallo studioso tedesco e sulla ipotesi di orientarne la datazione nella fase di studi sull’ottica, curati da Leonardo dopo il 1500 e comunque entro il 1510. A parte il dibattito cronologico, che il Barbatelli ritiene di circoscrivere tra il 1507 e il 1512, è bene chiarire che il riconoscimento di questo brano alle arti di Leonardo, resta vincolato necessariamente alla fitta mole di studi ed indagini diagnostiche che più di ogni altra considerazione di natura storico-artistica, propendono verso il catalogo del genio vinciano.
Una successiva occasione di studio è stata offerta nell’ambito della mostra E’ Rinascimento, dove Peter Hohenstatt argomenterà con maggiore dovizia di appunti, la tesi sulla paternità leonardiana dell’opera, proponendo di riconoscere la tavola in un autoritratto di Leonardo, citato dall’Abate Domenico Romanelli in collezione Ruffo di Baranello a Napoli, sul finire del Settecento.
Vale la pena ricordare che il dipinto è stato esposto come opera autografa del Vinci ai Musei Capitolini di Roma e come testimonial della cerimonia di inaugurazione del 150° Anniversario dell’Unità d’Italia – Testimonianze delle Regioni, alla presenza del Presidente della Repubblica Italiana; ancora recentemente sulla paternità leonardiana dell’opera con grande cautela si è sufficientemente espresso Jan Royt e Carlo Pedretti .
Sebbene la considerazione critica di quest’opera resterà per sempre legata al possente progetto di studi scientifici, è indispensabile chiarire che i caratteri stilistici non tradiscono affatto l’attribuzione, semmai forniscono agli studi un elemento nuovo dal quale poter attingere per ulteriori spunti.
Nonostante la cattiva essiccazione pigmentaria e gli importanti danni registrati su alcuni punti della pellicola pittorica, non consentano una lettura integrale del dipinto, la eccezionale qualità di quest’opera, condotta mediante una sintassi cromatica semplice e assai lineare, restituisce agli studi l’idea di un prodotto di straordinaria qualità che merita comunque di essere discusso nell’ambito degli interessi scientifici di Leonardo, primo tra tutti quello dell’ottica e del suo approfondimento della vista binoculare (Hohenstatt).
Si conserva nelle raccolte di questo museo, dove è esposto al pubblico come lavoro attribuito a Leonardo da Vinci.

NOTE

1) Rinvenuta da Nicola Barbatelli a Salerno nell’ambito di una collezione privata, dove veniva grossolanamente riferita
all’astronomo Galileo Galilei, la tavola fu immediatamente presentata ai laboratori delle Università napoletane Suor Orsola
Benincasa e Federico II, per l’individuazione della datazione, la caratterizzazione dei pigmenti e il riconoscimento della specie arborea. Lo studio sul supporto ligneo e sul pigmento pittorico è stato eseguito dal centro Regionale di Competenza per lo Sviluppo ed il Trasferimento dell’Innovazione applicata ai Beni Culturali e Ambientali (INNOVA) al quale affluiscono le sei Università Campane. Le prime indagini sono state compiute presso il Laboratorio CIRCE (Center for Isotopic Research on Cultural and Environmental heritage) di Caserta, i laboratori dell’Istituto di Cibernetica del Consiglio Nazionale delle Ricerche, il laboratorio di Scienze e Tecniche Applicate ai Beni Culturali dell’Università Suor Orsola Benincasa, il Dipartimento di Scienze Ambientali della Seconda Università di Napoli, il Dipartimento di Scienze Fisiche ed il Dipartimento di Arboricoltura, Botanica e Patologia Vegetale dell’Università di Napoli Federico II. Questi laboratori di ricerca fanno capo a INNOVA ed il gruppo di ricerca multidisciplinare è coordinato dal prof. Filippo Terrasi, docente di Fisica Applicata ai Beni Culturali e Ambientali presso la Facoltà di Scienze della Seconda Università di Napoli. Sono state effettuate le seguenti analisi:

Determinazione della specie arborea del legno del supporto a cura del Prof. Gaetano Di Pasquale, del Dipartimento di
Arboricoltura, Botanica e Patologia Vegetale dell’Università di Napoli Federico II; Tutti i campioni osservati sono ascrivibili al
genere Populus. Le specie del genere Populus, in base ai caratteri dell’anatomia del legno, non sono tra loro distinguibili. Le specie afferenti al genere Populus sono presenti in tutte le regioni italiane, per cui non è possibile ipotizzare una particolare provenienza del legno. Misura dell’età radiocarbonica del supporto mediante Spettrometria di Massa con Acceleratore su micro-frammenti di legno prelevati dal retro della tavola; I risultati sono di estremo interesse scientifico. In particolare, la misura ultrasensibile del rapporto isotopico 14C/12C è stata effettuata su tre frammenti appartenenti alle tavole centrali ed alla tavola periferica del dipinto. Ciascuno dei frammenti è stato sottoposto ad attacchi chimici per eliminare il carbonio dello strato protettivo e, per un’aliquota di ciascuno di essi, è stata estratta la cellulosa. I sei campioni risultanti hanno evidenziato età radiocarboniche coincidenti tra esse entro le incertezze sperimentali e l’intervallo cui compete la massimaprobabilità di contenere l’età del reperto va dal 1474 AD al 1517 AD.

Analisi Raman a cura del Prof. Carlo Camerlingo del CNR – ICIB. E del Prof. Antonio Sasso del Dipartimento di Scienze Fisiche dell’Università di Napoli Federico II. L’analisi Raman permette il riconoscimento dei composti e dei minerali costituenti i pigmenti; purtroppo nel caso dell’opera lucana, lo strato di vernice che ricopre il dipinto ha impedito di distinguere la radiazione Raman eccitata dal fascio laser nei pigmenti da un intenso segnale costituito da un fondo di fluorescenza.

Microscopia magnetica a scansione è una tecnica altamente innovativa sviluppata di recente. Essa consente di registrare la di stribuzione magnetica con risoluzione di circa 100 micron, elevata rispetto alle tipiche indagini magnetiche non a contatto. Alcune applicazioni nel campo dei Beni Culturali sono state recentemente individuate. Infatti, un MMS potrebbe risultare utile nella ricostruzione di scritte antiche (a carattere magnetico come nel caso degli inchiostri ferro gallici) leggibili o meno, tramite la misurazione del magnetismo residuo, e nell’analisi di reperti pittorici, per la determinazione dell’orientazione magnetica di pitture per l’individuazione in modo non distruttivo di difetti e anomalie (ruggine, strati sovrapposti di diversa natura, …) superficiali e sub-superficiali, anche ai fini della determinazione dello stato di conservazione ai fini del restauro.

In questo contesto si è inteso impiegare la tecnica di MMS per le seguenti analisi:

A) ricerca di lettere o parole non leggibili componenti la frase posta sul retro del dipinto;

B) individuazione dell’orientazione del campo magnetico residuo di diverse zone del dipinto al fine di comporre una completa mappa magnetica del reperto. Le misure proposte sono assolutamente non invasive ed effettuate ponendo il dipinto su di un supporto in materiale composito in fibra di vetro, misurando il campo magnetico residuo presente sul reperto (sia sulla parte frontale sia su quella posteriore) dovuta a scritte e/o pigmenti, esponendo la superficie da analizzare al sensore magnetico del sistema. Lo strumento in dotazione è molto adatto a questo tipo di misura per:

1) l'alta sensibilità ai campi magnetici;

2) l’assenza totale di segnali di eccitazione (l’eccitazione è costituita dai segnali intrinseci del reperto);

3) l'elevata risoluzione spaziale (circa 0,1 mm), che permetterebbe di suddividere una singola lettera di 1 cm di altezza e 0,5 cm di base in circa 5000 punti.

Tale analisi è stata effettuata da INNOVA a cura del Dott. Ettore Sarnelli del CNR.

Analisi mediante fluorescenza ai raggi X a cura del Prof. Giorgio Trojsi dell’Università Suor Orsola Benincasa e del Prof. Giovanni Paternoster del Dipartimento di Scienze Fisiche dell’Università di Napoli Federico II. Tale indagine è necessaria per il
riconoscimento degli elementi chimici presenti nello strato pittorico ed in quello preparatorio; sono stati analizzati 42 punti sulla parte frontale e 12 punti sul retro della tavola. In sintesi si possono distinguere i risultati delle analisi in funzione delle tre regioni esaminate:

Regione dello strato pittorico originale:

Pigmenti e stratigrafia: Nero di Fe e Mn con rapporto Mn/Fe ˜ 10%. Probabilmente Terra d’ombra; Bruni, castani e rossi di Fe e Mn con rapporto Mn/Fe ˜ 2-5%;. Questi pigmenti potrebbero essere ocre e/o terra di Siena; Rosso
di mercurio: Cinabro/Vermiglione. Esso è stato utilizzato anche per schiarire gli incarnati; Non si ha evidenza di pigmenti non naturali e/o a base di altri elementi. Per la preparazione della tavola è stato utilizzato il gesso ed un’imprimitura a biacca.

Regioni danneggiate e restaurate:

Tra le regioni non originali dobbiamo comprendere quella della piuma, che presenta un pigmento a base di titanio, non rilevato nelle altre parti del dipinto; Le zone danneggiate sono state colmate con una preparazione a base di calcio e bario; probabilmente un’imprimitura moderna. I restauri sono stati eseguiti con pigmenti a base di ferro e zinco.

Regione posteriore e scritta:

Gli interventi di consolidamento della tavola e di riempimento delle lacune sono stati effettuati con uno stucco che è costituto essenzialmente di calcio. La scritta (PINXIT MEA) è stata apposta a pennello con un pigmento nero a base di carbonio e ferro. Da questo ciclo di indagine è emersa una congruità ed una compatibilità assoluta con altre opere del genio di Vinci, nonché l’oggettiva dimostrazione analitica delle tecniche pittoriche ad egli attribuite.

 

2) Fu il Vezzosi (gennaio 2009) ad avanzare per primo l’ipotesi di un avvicinamento della tavola alla produzione degli artisti
leonardeschi, mentre per ogni altro approfondimento lo studioso rimandò agli esiti delle indagini scientifiche.

3) Presentata per la prima volta al pubblico in occasione della inaugurazione della mostra I Ritratti di Leonardo (Museo delle
Antiche Genti di Lucania, aprile - settembre 2009), nelle sale del Palazzo del Campidoglio a Roma, fu offerta alla stampa, e la notizia del suo straordinario ritrovamento fu ripresa da tutti i più grandi quotidiani del mondo.

4) Per primo il Kormashov, avanzò l’ipotesi di attribuire il dipinto a Leonardo, sulla base dei convincenti confronti con alcuni
ritratti coevi; l’opera fu esposta al pubblico nel Museo Kadriorg di Tallinn (Exhibition title: Leonardo da Vinci self-portrait ?) e
contemporaneamente fu organizzato un convegno sulla discussione dell’ipotesi attributiva (op. cit.: A Key to Leonardo, Tallinn University, 6 February 2010).

5) Il convegno internazionale, organizzato dall’ Università di Chieti, dal Museo Universitario e dal Museo delle Antiche Genti di Lucania, ebbe la finalità di porre al giudizio critico tutti gli esiti delle indagini scientifiche, compresi quelli riguardanti lo
straordinario rinvenimento di una impronta digitale del maestro di Vinci, impressa sulla pellicola pittorica della tavola (maggio 2010). Alla discussione presero parte il canadese David Bershad ed il tedesco Peter Hohenstatt, ed alla fine si convenne di orientare il dipinto in una specifica intenzione di Leonardo di rendere l’immagine di se attraverso uno studio di ottica binoculare (D. Bershad, op. cit.: L. Capasso, N. Barbatelli a cura di, Il Presunto Autoritratto Lucano, Chieti 2010).

6) La prima testimonianza di recupero di impronta digitale di Leonardo, è documentata proprio dall’Università di Chieti e
dall’Arma dei Carabinieri che per primi ne operarono il recupero dalle ombreggiature delle perle di ebano che compongono la
collana della Dama con l’ermellino a Cracovia (D’ANASTASIO R., VEZZOSI A., GALLENGA P.E., PIERFELICE L., SABATO A., CAPASSO L., Anthropological analysis of Leonardo da Vinci’s fingerprints. ANTHROPOLOGIE. vol. XLIII/1; pp. 57-61 , ISSN: 0323-1119. Moravian Museum, Brno, Czech Republic, 2005).

7) Il dipinto, con cautela riferito a Leonardo dal Tomei e dalla Paoluzzi, fu presentato nell’ambito della mostra Leonardo e il
Rinascimento Fantastico (Sorrento, Villa Fiorentino giugno – ottobre 2010) insieme ad altri brani di bottega leonardesca
(Giampietrino, Cesare da Sesto, Luini); con la scheda di Hohenstatt, fu orientato tra il 1505 e il 1510 (op. cit. : Leonardo e il Rinascimento Fantastico, A. Tomei, M.C. Paoluzzi, N. Barbatelli, Sorrento 2010).

8) La stretta vicinanza agli studi di ottica avviati da Leonardo a partire dal 1500, hanno lasciato supporre una probabile datazione a partire dal 1505 e comunque entro 1510; il Barbatelli a sua volta indica di slittare il prodotto nell’arco del quinquennio 1507-1512 (op. cit.: Leonardo e il Rinascimento fantastico, N. Barbatelli; P. Hohenstatt a cura di, ed. Sorrentum, Sorrento 2010).

9) Vedi note 1 – 5;

10) Op. cit.: E’ Rinascimento, Leonardo Donatello e Raffaello capolavori a confronto, P. Hohenstatt, O. Kormashov, N.
Barbatelli a cura di, ed. Marte 2010.

11) E’ da segnalare la valutazione e l’approfondimento di un documento che potrebbe ritenersi (con tutti i ragionevoli dubbi del caso) direttamente collegabile alla nostra tavola. Nello specifico trattasi del celebre testo“Napoli Antica e Moderna” a cura dell’ Abate Domenico Romanelli (stampato nel 1815 e dedicato a S.M. Ferdinando IV di Borbone) dove, all’ inventario dei beni della famiglia Ruffo di Baranello riporta testualmente: “…una testa di San. Giovanni con Erodiade di Annibale Caracci, un ritratto di Leonardo fatto da lui stesso, un’adorazione dè Magi di Giulio Romano…”. Ciò attesterebbe quindi la presenza di un’opera di Leonardo nel Regno di Napoli, addirittura un autoritratto.

12) Op. cit.: Leonardo da Vinci: l’autoritratto ritrovato, Roma Musei Capitolini, gennaio 2011.

13) Centocinquantesimo dell’Unità d’Italia, Testimonianze di Regioni, Roma, Complesso del Vittoriano, marzo 2011;

14) J. Royt, vedi la mostra The face of Leonardo da Vinci, Zbiroh Castle, Prague, 2012;

15) C. Pedretti, vedi la mostra ed il catalogo Leonardo. Immagini di un genio, ed. Champfleury, Vamontone - Vaglio Basilicata
2012;

16) Si rimanda alle analisi dei testi precedenti.

MONOGRAFIE SPECIFICHE

- A. Vezzosi, A. Sabato, I Ritratti di Leonardo, ed. Polistampa, Firenze 2009;

- F. Festa Leonardo’s Face , ed. Marrapese, Roma 2010;

- L. Capasso, N. Barbatelli Il Presunto autoritratto lucano di Leonardo, gli studi scientifici, ed. Marte, Colonnella 2010;

- A. Tomei, M.C. Paoluzzi, N. Barbatelli, Leonardo e il Rinascimento Fantastico, una mostra tra Napoli e le rotte del
Mediterraneo, ed. Sorrentum, Sorrento 2010;

- P. Hohenstatt, O. Kormashov, N. Barbatelli, E’ Rinascimento, Leonardo Donatello Raffello capolavori a confronto, ed. Marte, Colonnella, 2010;

- AA VV, Diagnosis for the conservation and valorization of cultural heritage, a cura di Ciro Piccioli, ed. De Vittoria, Roma
2010;

- M. Menzies, Matrix, ed. Studio Six, Dunedin 2011;

- J. Royt, The face of Leonardo da Vinci, parere scritto, Praga 2012;

- P. Hohenstatt, N. Barbatelli, Leonardo da Vinci. Immagini di un genio, ed. Champfleury, Poggio a Caiano 2012;

- M. Menzies, The Q Motif in Renaissance Art, ed. Studio Six, Dunedin 2013.

Fonte:

Museo delle Antiche Genti di Lucania

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